[La storia fa parte del concorso “Sfida di scrittura creativa del Raynor’s Hall – Bando IV” con tema ad estrazione, “Cerchio”. Termine di consegna delle storie 01/12/2015.]
«Rose, sono felice! Abbiamo fatto un lavoro stupendo. Ma come faremo con tutti loro? Come faremo ad insegnare loro tutta la nostra storia?»
Lei lo guardò appena, divisa tra orgoglio e tristezza, ma distolse subito lo sguardo, non voleva rovinargli la gioia, non poteva!
Tornò ad osservare i suoi figli, il ritratto della gioia e della buona salute: cinque maschi e tre femmine. Un grande successo, oltre che una grande sofferenza.
Vide Ludvic raggiungerli e giocare con loro, incredulo di essere padre di tanti figli, Rose si concesse un sorriso e quando Ludvic vide la sua lacrima, la scambiò per gioia.
Che lo pensi pure. Che si goda questi momenti.
Pensò, amara.
Conosceva il suo compagno da troppo tempo per infliggergli un simile dolore. Quindi tacque, quando sarebbe stato il momento, lui avrebbe incassato, avrebbero superato insieme quella cosa. E quelle a venire, perché lei sapeva di avere le qualità per mettere al mondo creature sane, forti e pure!
Alcune settimane dopo, quando tutti i suoi figli, tranne uno, erano ormai adottati da persone tutte diverse, Ludvic, sedeva dolente, sotto il porticato, ad osservare le esplorazioni dell’unico figlio rimasto.
A Rose si stringeva il cuore, perché lei andava oltre il suo aspetto fiero, lei lo amava e sapeva quanto dura fosse per lui, quanta fatica stava facendo per riprendersi. Fece alcuni passi avanti e osò parlare:
«Ludvic… amore mio…».
Lui aspettò che suo figlio non lo guardasse per voltarsi verso la sua compagna, infuriato:
«Come osi parlarmi ancora, mi hai mentito, fatto credere che potevamo essere felici… noi siamo Lupi di Saarloos, non merce in vendita!»
Fece per andarsene, passandole accanto senza delicatezza, tanto che anche lei si arrabbiò:
«Appunto Ludvic… Lupi di Saarloos… Noi, così come tuo figlio, l’unico rimasto…».
Lasciò la frase in sospeso, certa che avesse messo radici dentro di lui, radici che gli avrebbero ridato la lucidità per agire e pensare da Lupo, quale era.
Ludvic riprese a camminare, fiero, senza voltarsi rincasò in solitaria, certo che il suo unico figlio era al sicuro, ora che Rose era con lui.
Rose…
Ludvic sentiva di amarla visceralmente e, nonostante quella disgrazia famigliare non sarebbe mai riuscito a smettere di amarla.
Rose lo vide andarsene, avrebbe voluto ululare di dolore, ma non voleva dimostrarsi debole, non in quel momento che suo figlio era al suo cospetto, un piccolo Lupo in erba.
Capì, in quel preciso istante, che nonostante non avesse mai conosciuto la libertà, il desiderio di averla, era forte e vivido dentro di lei.
«Mamma perché papà è arrabbiato?»
Rose strofinò il muso su di lui, gentile:
«Mio piccolo Darko, papà non è arrabbiato. Solo tanto triste perché i tuoi fratelli sono andati in altre case»
Quella notte Rose dovette pensare da sola al figlio, Ludvic era rintanato nell’angolo più remoto e scuro della grande casa in cui vivevano con i loro padroni umani.
A svegliarla la mattina dopo, fu proprio l’ombra maestosa e rassicurante del compagno, per una frazione di secondo credette di trovarsi nel folto della foresta, ebbe un brivido e, mentre incrociò gli occhi di Ludvic, seppe che lui aveva finalmente accettato la situazione.
Darko si svegliò tra le zampe calde e dolci di sua madre, anche lui incrociò gli occhi di suo padre:
«Figlio mio. Seguimi.»
Darko obbedì, dietro lo sguardo incoraggiante della madre.
Giunsero fuori, nel giardino.
La rugiada era ovunque e le piccole zampotte di Darko non erano abbastanza lunghe per proteggerlo dall’umidità che risaliva dal terreno. Quando raggiunsero la palizzata rossa, sul retro della casa, Ludvic, rifletté molto prima di parlare.
«Figlio mio…»
Esordì, con energia ritrovata.
«Sai qual è la cosa che mio padre mi insegnò per prima? La cosa che ora, tuo padre, cercherà di farti capire?»
Darko annuì, obbediente, già conscio che quando il padre parlava esigeva rispetto, che lui gli diede.
A quel punto Ludvic cominciò a roteare su se stesso, diverse volte, fino a quando il giaciglio che ne derivò divenne un perfetto tondo di erba bella schiacciata e pronta per la nanna, pensò il cucciolo.
«Noi siamo Lupi di Saarloos, Darko. Gli umani ci hanno privato della libertà e fanno di noi quel che desiderano. Noi però, siamo una razza pura ed abbiamo il diritto di libertà. Questo semplice cerchio è la prima cosa che ho imparato a fare. Quando sarai in grado di farlo, torna da me, Darko. E continueremo l’addestramento.»
Finito di parlare, lo lasciò ai suoi pensieri, conscio che il figlio avrebbe dovuto trovare da solo, il suo modo di essere, il suo posto nel mondo.
Quando sull’uscio di casa incontrò Rose, si strofinarono il naso.
«Mi sei mancato, amore mio.»
Gli disse lei amorevole, per poi raggiungere il figlio.
Si distese poco lontano, un posto dove poter guardare suo figlio, ma al contempo lasciargli tutta la privacy possibile e, mentre si faceva toilette, si ricordò di quando anche lei era una cucciola, di quando conobbe Ludvic e delle lotte che lui fece per conquistarla, cosa che poi gli riuscì!
Si crogiolava al sole mentre pigramente tentava di carpire i progressi di Darko, quando all’improvviso il paesaggio attorno a lei cambiò, mettendola immediatamente in allarme! In due falcate raggiunse suo figlio, proteggendolo, col suo corpo.
Si voltò in più direzioni, per captare eventuali pericoli, in un paesaggio candido e aspro, con raffiche di vento gelido e si protese maggiormente verso il figlio, per preservarlo. Poi all’improvviso, mentre cercava di capire cos’era quella sostanza bianca e fredda in cui era immersa sino ai garretti, tutto svanì e il suo sguardo registrò nuovamente il colore dell’erba del giardino.
«Stai bene Darko?»
Si sincerò preoccupata. Lo vide sorridere, birichino.
«Ti piace mamma?»
Domandò timoroso.
«Ho imparato bene? Lo diciamo a papà?»
Rose percepì una lunga linea gelida correre sulla spina dorsale. Era stato lui!
«Sì, figlio mio, andiamo immediatamente a dirlo a papà. A dirgli che sei il più
straordinario dei suoi figli!»
Darko esultò, precedendola, euforico, chiamando a gran voce il suo papà.
Quando furono tutti e tre in giardino, dietro lo sguardo scettico di Ludvic, Rose chiese al figlio di mostrare al padre i suoi progressi e quando Darko cominciò la danza, Rose vide espandersi, dall’epicentro del cerchio il paesaggio di poco prima.
Quando si ritrovarono nella fredda terra dei ghiacci, Ludvic sgranò gli occhi, incredulo e a quel punto Rose, pervasa dall’istinto, urlò al compagno e al figlio:
«Correte! Correte!!»
Darko smise di roteare e seguì la madre, Ludvic in un’agile scatto gli fu dietro, superandoli, insieme giunsero ai margini di una foresta e Rose, col fiatone si guardò in giro, temendo di ritrovarsi in giardino, ma così non fu. Erano liberi! Nella foresta, nella neve, nel mondo! Tutto il sapere atavico riemerse, nel cerchio del loro figlio magico.
Ludvic, postosi davanti alla sua compagna ed al figlio per proteggerli dalle gelide raffiche si perse nella vastità di quello che li circondava. Alzò il muso verso il cielo e ululò per segnalare la sua presenza, in coro prima Rose e poi Darko si unirono al richiamo selvaggio, infine, s’inoltrarono nel fitto del bosco, pronti per una nuova vita.
Una vita degna di un Lupo di Saarloos.
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niente cose profonde per questo bando, solo un po’ di selvaggia libertà!